La Rivoluzione Industriale del XVIII secolo ha indubbiamente dato una svolta al percorso umano. L’impetuoso sviluppo degli opifici, avvenuto anche grazie all’impiego del vapore per fare funzionare i macchinari, non fu scevro da conseguenze. L’Ottimismo di Adam Smith, secondo il quale l’industrializzazione avrebbe portato benessere per tutti subì un brusco arresto attorno alla prima metà dell’Ottocento, dove le condizioni delle masse popolari, spesso tramutate da manodopera agricola a operaia di catena, precipitarono verso la miseria più nera; come testimonia l’abbondante letteratura che annovera molti scrittori e romanzi del periodo romantico, sia trattati scientifici e documenti statistici.
Dunque , dopo un avvio tormentato è indubbio che le condizioni di vita delle popolazioni d’Europa, incluso quella italiana, siano significativamente migliorate. Si è fortemente innalzata la speranza di vita alla nascita; è crollata la mortalità infantile e, nell’insieme è notevolmente accresciuta la qualità della vita.
Tuttavia nessun processo è eterno e scevro da “effetti collaterali”. L’impetuoso sviluppo del capitalismo, sia nella sua componente economica che finanziaria ha spinto ogni limite la propria pervasività; soprattutto per quanto concerne l’uso sconsiderato delle risorse non rinnovabili, quali minerali e petrolio. Il pianeta, in questi 250 anni ha grandemente sofferto le violenze ricevute. L’entropia liberata non è riconvertibile e i danni subiti dagli ecosistemi permanenti. Oggi come oggi codesti processi sono da ritenere irreversibili e le misure di mitigazione, in controtendenza rispetto al saccheggio dei decenni precedenti, può solo rallentare la tendenza all’auto distruzione della nostra specie.
Ecco dunque l’esigenza non più procrastinabile di pensare un nuovo modello di sviluppo, basato sull’economia circolare, il riuso, il drastico ridimensionamento dell’impiego di energia non rinnovabile, sia nel consumo che nella produzione dei manufatti.
Il mio libro: “Maniera di Pensare lo Sviluppo” affronta questi temi e, nel limite delle mie competenze, di fornire anche qualche indicazione concreta su come si possa intervenire, soprattutto per fermare il declino nelle aree montane; alle quali riservo una parte consistente degli argomenti trattati nel libro.
Chi lo desidera qui può trovare l’anteprima:
https://books.google.it/books?id=rvGiDwAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false